Nella gestione del team possiamo imparare molto dalle squadre professionistiche e dai loro allenatori. Riuscire a mettere assieme nella maniera migliore soprattutto delle star non è mai semplice e, come accade in cucina, anche quando si hanno gli ingredienti migliori bisogna saperli accostare, cucinare e farli risaltare per ottenere un gran piatto.
Come si possono gestire delle superstar milionarie, i migliori al mondo nella loro disciplina, senza limitare la loro individualità ma piuttosto esaltandola?
Uno dei migliori al mondo a gestire un team è stato senza ombra di dubbio Phil Jackson, allenatore della squadra di basket dei Chicago Bulls, capace di vincere ben 6 campionati NBA con loro. Senza contare gli altri 5 campionati vinti in seguito con i Los Angeles Lakers.
Come ha fatto Phil Jackson a esaltare le capacità di gente come Michael Jordan, Scottie Pippen e Dennis Rodman, giocatori fortissimi e quindi con un grande ego, senza distruggere l’armonia della squadra ma anzi creando un insieme imbattibile?
La filosofia di Phil Jackson
I punti cardine della filosofia di Phil Jackson sono 3:
- La squadra è più forte dei singoli
- La squadra non deve essere sotto stress
- La squadra deve essere imprevedibile
L’unione della squadra
“La forza della squadra sta nel singolo, la forza del singolo sta nella squadra”.
Contrariamente a quanto si possa pensare, quando si mettono assieme dei professionisti straordinari non è sempre detto che il risultato sia perfetto. Attriti personali, voglia di primeggiare, obiettivi individuali rischiano di distruggere, invece che costruire.
Phil Jackson mette da subito le cose in chiaro: la parte più importante del gioco è la palla. Tutti seguono lei, e se la palla sta sempre nelle mani delle stesse persone le difese avversarie sanno come organizzarsi e chi andare a contrastare.
Se invece tutti partecipano attivamente, e pensano a far vincere la squadra invece che a totalizzare più tiri possibili, potranno costruire una forza imbattibile poiché tutti giocheranno al massimo livello.
La grande capacità di Jackson è stata anche quella di modificare il modo di pensare di Michael Jordan, indiscutibilmente la stella della squadra nonché uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, facendogli capire che era più importante che si comportasse da leader in campo, motivando gli altri, invece che pensare soltanto a segnare quanti più punti possibili singolarmente.
In questo modo tutto il livello della squadra si alzò, e tutti si sentirono motivati ad agire insieme.
Zero stress
Un altro dei motivi per cui i Chicago Bulls riuscivano a essere i più competitivi era la possibilità di pensare solo al gioco. Phil Jackson non credeva nei discorsi motivazionali per caricare la squadra, ma piuttosto credeva nella necessità di proteggere i propri giocatori da ogni pericolo e da ogni preoccupazione esterna. Dovevano pensare esclusivamente al loro compito in campo, liberi da altri stimoli come potevano essere gli attriti con i tifosi oppure con la proprietà.
Arrivò addirittura a creare una stanza con incensi e musiche rilassanti per consentire ai giocatori di svuotare la mente e concentrarsi esclusivamente sulla partita.
Sapeva inoltre che non era possibile trattare tutti allo stesso modo. Alcuni avevano bisogno di essere guidati, altri di essere lasciati liberi.
Fu l’unico a riuscire a gestire Dennis Rodman, unanimemente considerato ingestibile e completamente folle. Riuscì a farlo consentendogli di avere spazi personali e libere uscite che lo ricaricavano e lo facevano tornare motivato e deciso a fare del proprio meglio.
Il triangolo offensivo
I Bulls e in seguito le altre squadre di Jackson svilupparono un modulo di gioco chiamato “Triangolo offensivo”. Senza entrare nei dettagli tecnici, i Bulls dovevano muoversi costantemente e prestare attenzione alla posizione di tutti i propri compagni in campo, cercando sempre la soluzione migliore.
Invece che chiudersi in degli schemi fissi, la loro costante mobilità avrebbe disorientato gli avversari impedendogli di sapere prima chi avrebbe ricevuto la palla e chi avrebbe tirato.
Come avrebbe detto Kobe Bryant qualche anno dopo, “la forza del triangolo era che nessuno poteva sapere dove sarebbe andata a finire la palla, perché non lo sapevamo neanche noi. Eravamo costretti a guardarci in continuazione e ad agire come un essere unico per poter variare sempre il gioco”.
Le regole di Phil Jackson applicate alla gestione dei team in azienda
Alcune delle tecniche utilizzate nella gestione delle squadre di basket sono poi finite nei manuali di management. Vediamo cosa è possibile imparare dalle regole di Phil Jackson.
La forza del team
In ogni azienda ci sono personalità diverse, e bisogna essere capaci di gestire le persone in maniera adeguata. L’importante è ricordarsi sempre che, al di là dei risultati personali, è importante che gli obiettivi aziendali siano condivisi e che ognuno si senta coinvolto e sia portato a fare il meglio per la squadra.
Inoltre, la capacità di agire insieme si rivela fondamentale nei momenti di crisi: le persone possono ritrovare nel collettivo le motivazioni per ripartire e per uscire dalle difficoltà.
Invece che darsi la colpa a vicenda, tutti sanno che è meglio pensare all’obiettivo da raggiungere.
La gestione delle persone
Un ambiente tossico e carico di stress pregiudica la capacità di lavorare bene. I veri leader devono imparare a gestire le persone secondo modalità diverse, pensando a cosa sia meglio fare con ciascuno per stimolarlo e farlo rendere al meglio.
Allo stesso tempo, chi è capace di guidare una squadra la protegge dai pericoli esterni, consentendo a tutti di lavorare in serenità e di raggiungere gli obiettivi.
La formazione continua
In molte aziende ci si blocca su processi e modi di lavorare sempre uguali a se stessi. In questo modo però si rischia di perdere le motivazioni e di non andare avanti, risultando sterili e senza la possibilità di innovare.
La formazione continua, lo studio di quello che accade, il variare i modi di lavorare permettono di essere più produttivi e di trovare nuovi stimoli per essere sempre un passo avanti agli altri.
Sappiamo quanto sia difficile coordinare un team di lavoro e quanto a volte ci si possa sentire confusi.
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